Pubblicato il: 20/09/2024
La vicenda ha coinvolto un’architetta che aveva superato una selezione pubblica per il ruolo di "istruttore direttivo tecnico" presso un Comune. Convocata per firmare il contratto e prendere servizio, la donna ha manifestato la necessità di richiedere un congedo parentale per accudire il suo bambino di tre mesi. Il coniuge non poteva occuparsene poiché impegnato ad assistere il padre gravemente malato, fuori regione. Tuttavia, il dirigente comunale ha rifiutato la richiesta, strappandole letteralmente il contratto dalle mani, giustificando la decisione con presunte difficoltà organizzative per l'ente.
Dopo che ogni tentativo di conciliazione davanti alla Consigliera delle Pari Opportunità della Provincia di Grosseto è fallito, la donna ha deciso di portare il caso in tribunale. Gli avvocati hanno sostenuto che il comportamento del Comune fosse discriminatorio in base al genere. Il Giudice del Lavoro ha riconosciuto la validità delle loro argomentazioni, definendo l’atto come discriminazione diretta e rilevando che una simile condotta non sarebbe stata attuata se la vincitrice del concorso fosse stata un uomo.
Il ruolo dell’inversione dell’onere della prova
Un aspetto fondamentale della sentenza è l'applicazione dell'inversione dell'onere della prova, principio che caratterizza la tutela contro la discriminazione. La lavoratrice ha dovuto solo presentare elementi sufficienti a far supporre la discriminazione, mentre al Comune spettava dimostrare l’assenza di intenti discriminatori. Non essendo riuscito a farlo, il Comune è stato condannato.
Risarcimento per danni patrimoniali e morali
Il Tribunale ha condannato il Comune al risarcimento in favore dell'architetta, con una somma di 18.000 euro per i danni patrimoniali e 8.000 euro per quelli non patrimoniali. Inoltre, l'ente è stato obbligato a coprire anche le spese legali, quantificate in 4.800 euro. La sentenza si basa sul Codice delle pari opportunità, riconoscendo che la richiesta di congedo parentale non può giustificare la negazione di un’assunzione o comportare discriminazioni nei confronti delle lavoratrici.
Importanza della sentenza
Il giudice Giuseppe Grosso ha sottolineato come la decisione del Comune fosse motivata unicamente dalla volontà della donna di usufruire del congedo parentale, considerandola una motivazione discriminatoria. Questo caso rappresenta un precedente significativo per la tutela dei diritti delle lavoratrici, in particolare nel contesto delle politiche di conciliazione tra vita professionale e familiare.
Il caso di Grosseto evidenzia quanto sia ancora necessario combattere la discriminazione di genere, specialmente nel mondo del lavoro. È fondamentale che le istituzioni e le aziende promuovano politiche che agevolino l’equilibrio tra lavoro e vita privata, senza penalizzare chi decide di prendersi cura della propria famiglia.
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