Legge 104, puoi usufruire dei permessi 104 anche per assistere un amico disabile: ecco in quali casi e i vincoli

Pubblicato il: 23/09/2024

Rocco, insegnante presso l'Istituto tecnico Alfa, ha un caro amico affetto da una grave disabilità. Rocco può assentarsi dal lavoro per prestare assistenza all'amico, fruendo dei permessi retribuiti riconosciuti dalla legge?
Analizziamo il quadro normativo.

Come è noto, a norma della L. n. 104 del 1992, i dipendenti che prestano assistenza al coniuge, a parenti o ad affini entro il secondo grado, con possibilità di estensione fino al terzo grado, riconosciuti in situazione di disabilità grave, hanno diritto ad usufruire di tre giorni di permesso mensile retribuiti (artt. 3, comma 3, e 33, comma 3).

Questo diritto è esteso anche alla parte di unione civile, equiparata al coniuge grazie alla clausola di salvaguardia con funzione antidiscriminatoria di cui all'art. 1, comma 20 della L. n. 76 del 2016 (legge Cirinnà), la quale prevede l'applicazione delle disposizioni contenenti le parole “coniuge”, “coniugi” o termini equivalenti, ovunque ricorrano nelle leggi, negli atti aventi forza di legge, nei regolamenti nonché negli atti amministrativi e nei contratti collettivi, anche ad ognuna delle parti dell'unione civile tra persone dello stesso sesso.

Sempre in virtù di questa clausola, alla parte dell'unione civile si applica anche la disposizione che concede il congedo straordinario a favore di soggetti con disabilità grave, fissando un ordine di priorità dei soggetti aventi diritto al beneficio che, partendo dal coniuge, degrada fino ai parenti e affini di terzo grado (art. 42, comma 5, del D. Lgs. n. 151 del 2001).

In caso di convivenza di fatto – così come disciplinata dalla legge Cirinnà – questa clausola di salvaguardia non trova applicazione. Tuttavia, grazie alla sentenza della Corte costituzionale n. 213 del 5 luglio 2016 – che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del citato art. 33, nella parte in cui non include il convivente tra i soggetti legittimati a fruire del permesso retribuito mensile per l'assistenza alla persona con handicap in situazione di gravità – anche il convivente di fatto potrà beneficiare di questi permessi.

L'art. 1, comma 36, L. n. 76 del 2016 definisce i conviventi di fatto come due persone maggiorenni legate da rapporti affettivi e di reciproca assistenza, non vincolate da parentela o matrimonio. Ciò significa che due persone conviventi, inserite nello stesso nucleo familiare, possono richiedere i permessi ex L. 104/1992, se una delle due è riconosciuta con disabilità grave.

Quindi, queste due persone possono essere anche amici? Rocco potrà assentarsi da scuola per assistere il suo amico richiedendo i permessi retribuiti?

La legge non esclude questa possibilità. Per beneficiare dei permessi è, però, necessario che sia dimostrata la stabile convivenza tramite una dichiarazione anagrafica, come previsto dal D.P.R. 30 maggio 1989, n. 223.

In sostanza, l'amicizia può essere considerata un legame affettivo valido per usufruire dei permessi, purché sia dimostrata la convivenza stabile. Non è necessario un mandato o procura per l'assistenza, in quanto la convivenza è sufficiente per accedere a questo diritto.

Va, inoltre, ricordato che la convivenza non è richiesta per i familiari entro il 2° grado (o 3° in casi particolari), i quali possono comunque condividere il permesso con un amico convivente della persona disabile. Questo è possibile perché il D. Lgs. n. 105 del 2022 ha eliminato il concetto di “referente unico” per l'assistenza: più persone possono, quindi, alternarsi nell'assistenza di una persona disabile, dividendo tra loro i tre giorni mensili di permesso.

Resta fermo, infine, il diritto del lavoratore con disabilità grave di usufruire personalmente dei tre giorni mensili o dei riposi orari giornalieri, come previsto dal comma 6 dell'art. 33. Inoltre, il lavoratore con disabilità grave può fruire dei permessi per se stesso, contemporaneamente a quelli concessi agli assistenti nello stesso mese.


Vai alla Fonte
Call Now Button