Indennità di disoccupazione 2024, perdi la NASPI se non comunichi all’INPS la situazione lavorativa: novità Cassazione

Pubblicato il: 06/05/2024

La NASpI (Nuova Assicurazione Sociale per l'Impiego) è un'indennità mensile di disoccupazione, istituita dal decreto legislativo 4 marzo 2015, n. 22, erogata a domanda dell'interessato.
La stessa spetta ai lavoratori con rapporto di lavoro subordinato che hanno perduto involontariamente l'occupazione, nonché agli operai agricoli a tempo indeterminato dipendenti dalle cooperative e loro consorzi che trasformano, manipolano e commercializzano prodotti agricoli e zootecnici prevalentemente propri o conferiti dai loro soci.

Come specificato sul sito dell'INPS, la NASpI spetta anche a queste categorie di lavoratori:

  • apprendisti;
  • soci lavoratori di cooperative con rapporto di lavoro subordinato con le medesime cooperative;
  • personale artistico con rapporto di lavoro subordinato;
  • dipendenti a tempo determinato delle pubbliche amministrazioni.

Al contrario, non possono accedere a tale prestazione:
  • dipendenti a tempo indeterminato delle pubbliche amministrazioni;
  • operai agricoli a tempo determinato;
  • lavoratori extracomunitari con permesso di soggiorno per lavoro stagionale, per i quali resta confermata la specifica normativa;
  • lavoratori che hanno maturato i requisiti per il pensionamento di vecchiaia o anticipato;
  • lavoratori titolari di assegno ordinario di invalidità, qualora non optino per la NASpI.

Vi sono, tuttavia, diversi casi in cui si decade dalla prestazione. Con una recentissima pronuncia, ordinanza n. 11543 del 30.04.2024, la Cassazione si è espressa sull'ipotesi, prevista dall'art. 10, comma 1 del d.lgs. n. 22 del 2015, dell'omessa comunicazione all’INPS della circostanza della contemporaneità tra il godimento del predetto trattamento di disoccupazione e lo svolgimento di attività di lavoro autonomo da cui possa derivare un reddito.

In particolare, nella vicenda in esame, la Corte d'appello di Palermo aveva confermato la pronuncia di primo grado, che aveva accolto la domanda di un cittadino volta alla corresponsione della NASpI, rifiutatagli dall'INPS in sede amministrativa per non avere l'uomo comunicato, nei trenta giorni dalla data della domanda, lo svolgimento di un'attività di lavoro autonomo nonché il reddito da essa presuntivamente percepito.

Come si legge nella pronuncia, l'INPS aveva quindi proposto ricorso in Cassazione, deducendo la violazione e falsa applicazione degli artt. 10, comma 1, e 11, lett. c), d.lgs. n. 22 del 2015, con riferimento all'art. 12 prel. c.c., per avere la Corte di merito ritenuto che la decadenza prevista dall'art. 10 concernesse esclusivamente il caso dell'assicurato che avesse omesso di comunicare entro trenta giorni all'ente previdenziale un'attività di lavoro autonomo (unitamente al reddito da essa presuntivamente percepibile), che fosse stata intrapresa successivamente alla concessione della prestazione previdenziale e non anche eventuali attività di lavoro autonomo preesistenti alla data di presentazione della domanda.

Ebbene, la Cassazione, nell'ordinanza in esame, ha in primo luogo specificato che l'art. 10, comma 1, D.Lgs. n. 22 del 2015 stabilisce che il lavoratore che durante il periodo in cui percepisce la NASpI intraprenda un'attività lavorativa autonoma o di impresa individuale, dalla quale ricava un reddito, deve informare l'INPS entro un mese dall'inizio dell'attività, dichiarando il reddito annuo che prevede di trarne, mentre il successivo art. 11 prevede, al comma 1, lett. c), la decadenza dalla fruizione della NASpI nel caso di inizio di un'attività lavorativa in forma autonoma o di impresa individuale senza provvedere alla comunicazione di cui all'articolo 10, comma 1.
La Corte ha, quindi, evidenziato che dal tenore testuale del predetto art. 10 risulta che la fattispecie cui si correla la decadenza è rappresentata dall'omessa comunicazione all'INPS della circostanza della contemporaneità tra il godimento del trattamento di disoccupazione e lo svolgimento dell'attività lavorativa autonoma da cui possa derivare un reddito, non essendo necessario che tale attività sia stata intrapresa in epoca successiva all'inizio del periodo di percezione della NASpI.

I giudici di Roma hanno poi sottolineato che non osta a tale interpretazione la circostanza che l'art. 10, comma 1 del d.lgs. n. 22 del 2015 ricolleghi l'obbligo di comunicazione al fatto che l'assicurato "intraprenda un'attività lavorativa autonoma o di impresa individuale", ben potendo il verbo "intraprendere" intendersi non solo nel senso letterale di "iniziare", ma anche in quello di "applicarsi con maggiori energie e per un maggior tempo che per il passato".


Nella Cassazione si legge che tale interpretazione appare avvalorata, sul piano sistematico, dalla decadenza individuata dall'art. 11, comma 1, lett. b) del predetto decreto, prevista nel caso di inizio di un'attività lavorativa subordinata senza provvedere alle comunicazioni di cui all'art. 9, commi 2 e 3, ove si osservi che, ai sensi dell'art. 9, comma 3, "il lavoratore titolare di due o più rapporti di lavoro subordinato a tempo parziale che cessi da uno dei detti rapporti (…) ha diritto di percepire la NASpI (…) a condizione che comunichi all'INPS entro trenta giorni dalla domanda di prestazione il reddito annuo previsto".

Secondo i giudici di Roma, deve pertanto escludersi che l'applicazione della previsione dell'art. 11, comma 1, lett. c) del d.lgs. n. 22 del 2015 al caso dell'assicurato che, nel termine di trenta giorni dalla data di presentazione della domanda di prestazione, abbia omesso di comunicare all'INPS il contemporaneo svolgimento di attività di lavoro autonomo, integri un'ipotesi di estensione analogica della decadenza a fattispecie non espressamente prevista dal legislatore, come tale vietata dall'art. 14 prel. c.c.

Al contrario, secondo la Corte, si tratta di un risultato coerente con un'interpretazione del combinato disposto dell'art. 10, comma 1, e dell'art. 11, comma 1, lett. c) del menzionato decreto, che, tenendo conto dell'intenzione del legislatore, di cui all'art. 12 prel. c.c., non fa che estendere la regula juris della decadenza ad una fattispecie da reputarsi implicitamente considerata dalla norma.

La Cassazione, ritenendo che i giudici territoriali non si fossero attenuti all'anzidetto principio di diritto, ha accolto il ricorso dell'INPS, cassando la sentenza impugnata, rigettando quindi la domanda del percettore della NASpI.

Con tale pronuncia, quindi, la Suprema Corte ha affermato che vi è decadenza dalla NASPI anche in caso di omessa comunicazione di attività di lavoro autonomo che preesiste alla domanda di disoccupazione.


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